La banda degli onesti (1956)
Antonio Bonocore, portiere napoletano di uno stabile di Roma con una moglie tedesca, si trova per caso ad assistere il signor Andrea, un anziano inquilino che, prima di morire, gli rivela di essere in possesso di alcuni cliché originali della Banca d'Italia, di cui era stato a lungo dipendente, nonché della carta filigranata per stampare banconote da 10 000 lire. Il signor Andrea aveva rubato questo materiale con l'intenzione di vendicarsi del fatto di essere stato messo da parte, ma non aveva poi mai avuto il coraggio di passare all'azione. Chiede quindi a Bonocore di buttare nel fiume la valigia con i cliché.
Bonocore però decide di non gettare la valigia, ma ignorando le tecniche di stampa delle banconote, per produrre i pezzi da 10 000 si vede costretto a chiedere la collaborazione del tipografo Giuseppe Lo Turco e, successivamente, del pittore Cardone, tutti e due variamente indebitati come lui.
Facendo leva sui bisogni economici dei suoi compari, organizza delle furtive riunioni notturne per dar vita a una banda di falsari.
I tre riescono a stampare le banconote e a "spacciarne" una in un bar notturno. Le cose però si complicano quando Bonocore scopre che suo figlio maggiore Michele, finanziere da poco trasferito a Roma, sta seguendo un'indagine relativa proprio a delle banconote false.
Dopo aver sentito alcuni particolari raccontati da Michele e vedendo la polizia che tenta di perquisire la tipografia di Lo Turco, e notando altresì strani cambiamenti nel modo di vestire dei suoi "soci", Antonio teme di essere scoperto, per di più con l'aggravante che, essendo egli padre di un finanziere, questo possa costare il posto al figlio stesso. Pertanto prega i suoi compari di non spendere più un soldo, e di disfarsi subito dell'attrezzatura, sotterrandola fuori città.
Antonio, sentendosi ormai braccato, decide di farsi arrestare proprio da Michele: un figlio che arresta il padre - egli spiega - non solo non lo cacciano, ma lo promuovono, e diventa un esempio per tutti i suoi colleghi.
Decide perciò di mettere in pratica il suo progetto andando di persona in caserma per farsi arrestare dal figlio, il quale crede che voglia scherzare. Ma, dopo aver sentito dal Maresciallo che l'indagine seguita da Michele si è chiusa con l'arresto di una banda di falsari professionisti e che il biglietto da lui spacciato era stato sì identificato, ma non era uno di quelli prodotti dai tre, bensì il campione usato - falso anch'esso e cedutogli da un usuraio, un certo Pizziconi - sta quasi per svenire. Allo stesso tempo, viene fuori il fatto che nessuno dei suoi soci aveva avuto il coraggio di spendere una sola delle banconote fabbricate.
I tre, ritrovata quindi la tranquillità, decidono di distruggere tutte le banconote false e la valigia con i cliché allestendo un falò; come gag finale, Bonocore si accorge (troppo tardi) di aver buttato tra le fiamme, nella foga, anche la busta contenente il suo stipendio.
Paese di produzione |
Italia |
Anno |
1956 |
Durata |
106 min |
Colore |
B/N |
Audio |
sonoro |
Rapporto |
1,37:1 |
Genere |
commedia |
Regia |
Camillo Mastrocinque |
Soggetto |
Age & Scarpelli |
Sceneggiatura |
Age & Scarpelli |
Produttore |
Isidoro Broggi |
Casa di produzione |
DDL Roma |
Distribuzione (Italia) |
Momi-Caiano |
Fotografia |
Mario Fioretti |
Montaggio |
Gisa Radicchi Levi |
Musiche |
Alessandro Cicognini |
Scenografia |
Alberto Boccianti |
Costumi |
Giuliano Papi |
- Totò: Antonio Bonocore
- Peppino De Filippo: Giuseppe Lo Turco
- Giacomo Furia: Cardone
- Gabriele Tinti: Michele, figlio di Bonocore
- Giulia Rubini: Marcella, figlia di Lo Turco
- Nando Bruno: Maresciallo Denti
- Luigi Pavese: Ragionier Casoria
- Memmo Carotenuto: Fernando
- Gildo Bocci: tabaccaio
- Lauro Gazzolo: Andrea
- Salvo Libassi: Brigadiere Solmi
- Anita Ciarli: la madre di Antonio
- Yoka Berretty: Marlene, moglie di Antonio
- Mario Meniconi: Un Finanziere
- Guido Martufi: Riccardo, figlio di Lo Turco
- Enzo Maggio: Barista